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C’è un luogo in questa storia, il punto di rottura, una città del sud profondo (Reggio Calabria) aggrappata ai bordi di uno Stretto, che tutto a sé attira, a partire dello sguardo. Città d’incerta identità: calabrosicula forse, o forse più sicula che calabra, generosa e diffidente, come un cane da guardia che non sa cosa guardare né da chi guardarsi.

C’è un luogo che aspetta un tempo, il suo tempo, pur senza sapere a cosa condurrà. Quel tempo è il “settanta”, anno da cui non si ritorna, a partire dal quale nulla sarà lo stesso.

C’è una rivolta, spontanea e popolare, e poi fascista. La più importante e duratura della storia repubblicana. C’è una polizia violenta e una politica che quella rivolta non capisce, non può capire.

E dentro la rivolta c’è un treno che deraglia su binari divelti da una bomba, lo sappiamo solo adesso dopo anni di verità dette troppo presto e troppo in fretta per non essere di comodo.

Ci sono soprattutto dei giovani reggini, molto giovani ed anarchici, che a quel treno si interessano tra tante altre cose. C’è una mini morris gialla che viaggia in autostrada verso Roma, con dentro quei ragazzi e il risultato di un’indagine che sparirà nel nulla.
C’è un incidente strano, che tutto cancella, la vita di quei giovani, i loro volti, le loro storie piene di speranza e di passione.