EPIC FESTIVAL
in Aspromonte si fa teatro tra le “SPINE”

“I calabresi sono gente dal carattere temprato come l’acciaio” (Antonio Gramsci).
Così chiude il resoconto del giornalista Tommaso Chimenti per recensito.net.
Un articolo che restituisce un quadro poetico del contesto in cui si struttura EPIC festival, dell’importanza che Bova (RC) rappresenta per la produzione artistica di Mana Chuma Teatro e di come Epic festival è uno start per un SUD che chiede rivalsa.

Epic avuto una grande attenzione alla parola, al suo senso intimo e profondo. La poesia è divenuta performance, suono, ambiente.
“Nelle parole di Barilla contenute nel suo volume di poesie “Ossa di crita” … stanno i termini e le atmosfere che identificano questa terra appuntita e solidale, che ferisce e abbraccia, zolle che producono cicoria e cardi così come la dolcezza amara del bergamotto dal profumo intenso. Ci sono le mani, i sapori, i saperi, i graffi, i chiodi e il vento, il padre, i denti, il vino, il sangue, le orme, il dolore, la carne, la pietra, la polvere, il fango, le ombre, la madre”

foto marco Costantino
foto Marco Costantino

“In una sorta di taverna senza tempo l’ostessa Maddalena, il Capitano Lucio e il Becchino danzano e avanzano senza posa tra queste quattro mura che asfissiano il pensiero, si arrovellano sugli stessi argomenti in un ripetersi che torna e ritorna senza lasciar loro nessuna possibilità di movimento che non sia quella di rivivere gli eventi, nuovamente raccontarseli, riassorbire quel tragico dolore addosso, come veleno, senza riuscire a digerirlo ma solamente a ripercorrerlo, senza perdono, senza salvezza, senza assoluzione. E non si sa se siano le spine della vita che li hanno colpiti a fondo, in profondità, oppure se siano proprio loro delle spine che ormai, soltanto muovendosi nel mondo, feriscano chi gli sta accanto ferendosi a loro volta. Ogni giorno che cala gli stessi gesti sincopati, le stesse battute in questo angolo di Purgatorio che non purifica, in questa parentesi che li punisce ad una sofferenza eterna senza redenzione né possibilità di liberarsi del peso.”
Così Tommaso Chimenti scrive della prima nazionale di Spine dalla drammaturgia di Salvatore Arena e Massimo Barilla con Stefania De Cola, Mariano Nieddu e Lorenzo Praticò

Foto Felice D’Agostino